In cantina si fa largo uso di etichette per identificare il contenuto delle botti. Tra lavagne luminose, gessetti e fogli di carta le etichette incise sono una soluzione funzionale ed esteticamente piacevole.
Quando si accostano le parole ‘etichetta’ e ‘vino’ chiunque pensa alle bottiglie conservate in cantina, abbellite da una fascetta di carta su collo e corpo. Magari etichette elaborate, antiche, ingiallite dagli anni passati al buio mentre il vino all’interno affina. Eppure esistono anche altre etichette, quelle delle botti, delle barrique e dei vasi vinari in generale.
Etichettatura in cantina
Già , perché il vignaiolo deve sapere sempre che cosa c’é all’interno di botti e vasche di fermentazione. E i travasi in cantina sono così numerosi che occorre tenere traccia di tutto. Si parte dunque dalle etichette applicate ai fermentini, dove vengono riportate le informazioni principali sul mosto in fermentazione: il numero della vasca, la varietà dell’uva, la data di vendemmia e le attività svolte.
Per questa fase molti usano delle lavagnette su cui scrivere con il gesso. Altri semplici fogli di carta appiccicati all’acciaio o al cemento con del nastro adesivo. I continui aggiornamenti sullo stato della fermentazione e delle attività svolte (dal rimontaggio alla svinatura) richiedono uno strumento semplice da utilizzare e dal costo contenuto.
Dopo la fase di fermentazione il vino può procedere speditamente all’imbottigliamento, come nel caso dei vini novelli o dei bianchi di pronta beva. Ma per i rossi che invece richiedono un affinamento, che sia in acciaio o in botte, la vita in cantina é ancora lunga. E per il vignaiolo é essenziale sapere quale vaso contiene cosa.
Le soluzioni sono molteplici e ogni cantiniere adotta quella che più si adatta alla sue esigenze. C’é chi scrive con del gesso direttamente sulla botte, chi invece usa delle lavagnette di ardesia appoggiate al vaso. Chi utilizza fogli di carta, cartellette trasparenti e nastro adesivo e chi invece utilizza le più tecnologicamente avanzate lavagnette digitali. Pannelli luminosi che possono essere modificati a piacere, anche in remoto.
Solitamente sulle etichette delle barrique viene indicato il nome dell’azienda, il numero progressivo del vaso, il nome commerciale del vino (se ne ha uno), il colore, il vitigno, la vigna di provenienza (per i vini particolarmente pregiati) e i gradi. Oltre all’annata. Informazioni che che restano immutate per tutti gli anni di affinamento.
L’alternativa a fogli di carta svolazzanti e lavagnette cancellabili sono le targhette incise come quelle prodotte da ASV Stubbe. Con il laser e il pantografo é possibile riportare qualunque tipo di informazione su qualunque superficie. Si può incidere un foglio di compensato con il logo dell’azienda e tutte le informazioni utili all’identificazione del vino all’interno della barrique. Ma possono essere incise anche placche di metallo, come l’ottone, da fissare successivamente alla botte.
In un’ottica di cantina 4.0 si stanno facendo largo anche i QRCode, codici scansionabili con lo smartphone dal cantiniere o dall’operatore che reinviano a pagine web contenenti tutte le informazioni relative al vino. Pagine che all’occorrenza possono essere facilmente aggiornate. Nell’ottica della tracciabilità , lo stesso codice inciso sull’etichetta della botte viene poi stampato sull’etichetta della bottiglia. In modo che il consumatore possa sempre sapere da dove proviene il vino che ha comprato.
C’é poi una tendenza da non sottovalutare quando si parla di vino: l’adozione. Già , perché capita sempre più spesso che i wine lovers (o i loro amici e familiari) vogliano adottare una vigna o una botte per essere partecipi del percorso di produzione del vino. Diverse cantine, per esempio in Toscana, come la Tenuta Valdipiatta di Montepulciano e la Casa del Vento nel Chianti danno l’opportunità di adottare una barrique. Il fortunato genitore adottivo potrà andare a trovare la sua botte a cui sarà applicata una targa incisa con il suo nome, almeno fin quando il prezioso vino non sarà imbottigliato.